Emotions of America Web Radio

domenica 30 giugno 2013

L'arco verso il cielo

Delicate Arch - l'arco verso il cielo
testo e foto by Everett

   Lo Utah è uno stato ad alta densità di "emozioni" - composto quasi completamente di splendidi Parchi Nazionali, di canyons, rocce rosse, percorsi da trekkers, fiumi impetuosi e piccoli villaggi mormoni, il Beehive state degli esuli di Brigham Young è a mio avviso uno dei luoghi più belli al mondo dove vivere in contatto, anzi in simbiosi, con la prepotente natura circostante. Ci troviamo per la precisione ad Arches N.P., a poche miglia da Moab, la vivace cittadina del sud-ovest che è un po' la Mecca dell'outdoor americano, stretta tra la Vallata del Colorado ed i Parchi Nazionali di Canyonlands ed Arches. 

Una pausa per dissetarsi lungo il Trek di 1,6 miglia a Delicate Arch

   Ad Arches c'è un luogo quasi magico, un "social place" dove condividere con altri appassionati di fotografia e di escursionismo un arco bellissimo e solitario, un simbolo potente e talmente iconico che il Beehive state aveva deciso di metterlo sulle targhe automobilistiche del Centennial (1896-1996), la storica ricorrenza che festeggiava i 100 anni dalla fondazione dello Utah - si tratta dell'impareggiabile Delicate Arch - se passate da quelle parti e siete in cerca di una bella emozione non perdetevi questa chicca - l' estate (specie al tramonto) e l'inverno (con lo sfondo innevato della catena dei Manti La Sal) sono le due stagioni "must", ma i cieli asciutti dello Utah regalano comunque splendide visioni praticamente in ogni momento dell'anno, e primavera ed autunno sono senz'altro le due stagioni più fresche ed indicate per la visita. Delicate Arch, come tutti i posti mitici, si mostra solo ai più volenterosi - una scarpinata sull'arenaria non in tutti i punti agevole, con pochi punti di riferimento nei tratti di roccia pura, si frappone tra il parcheggio delle auto e la fruizione di questa meraviglia. Un trek che con il caldo estivo può essere veramente impegnativo - e conviene senz'altro portarsi una buona scorta di acqua da bere, creme solari e cappello se si intende "salire" sino a Delicate Arch. Un consiglio: arrivateci nel momento più interessante che è prima del tramonto e fermatevi fino al crepuscolo, quando i colori della luce cambiano e modificano rapidamente lo skyline circostante. Dal salmone la roccia circostante vira al rosso mattone e poi all'indaco, in mille tonalità di colori che si mescolano in pochi istanti.

Fatto di arenaria rossa di tipo Entrada questo arco alto circa venti metri è stato eroso dalla forza del vento e dei granelli di sabbia che ne hanno come grattato la superficie - e da qui nel 2002 è passata la torcia olimpica a dimostrare l'importanza ed il ruolo iconico di questo landmark. Il trail a Delicate Arch parte al parcheggio di Wolfe Ranch che si trova a breve distanza dall'entrata automobilistica di Arches. Il percorso a piedi è lungo 1,6 miglia per un totale di 3,2 miglia di andata e ritorno - non ha nessun passaggio complicato ma va affrontato con buone calzature specie nel lungo passaggio sui roccia viva e sui gradoni in avvicinamento all'arco. Poi, una volta raggiunto il grande anfiteatro di Delicate Arch non sarete certamente soli. Come voi, altre decine di appassionati provenienti da ogni parte degli Stati Uniti e del Mondo amano ritrovarsi qua armati di treppiede, fotocamera e simpatia per il grande happening del sunset time, quando la grande palla di fuoco incendia l'orizzonte e regala una delle emozioni più incredibili del Sud-Ovest americano.  Delicate Arch - delicato e potente, fragile e solitario, non mancherà assolutamente di emozionarvi. In ogni stagione questa meravigliosa roccia rivela ai viaggiatori curiosi ed agli appassionati la sua intrinseca bellezza.
Il profilo iconico di Delicate Arch, vero e proprio landmark del Sud-Ovest americano













Al "sunset time" decine di appassionati si ritrovano al Delicate Arch per osservare il tramonto sull'arco di arenaria


venerdì 24 maggio 2013

Il fuoco dentro l'anima

Valley of Fire - il fuoco dentro l'anima
testo e foto by Everett


Se siete di passaggio per il Nevada o se siete stanchi delle mille luci di Las Vegas a 50 miglia (80 km) a Nordest di Sin City c'e un posto arrostito dal caldo del deserto e bruciato dai raggi di una estate che non perdona, specie da queste parti: si tratta della Valley of Fire, un angolo inconsueto di Nevada che vale veramente la pena di visitare.



La mappa del Parco con gli accessi principali. Ulteriori informazioni sono disponibili nella brochure che viene data ai visitatori all'ingresso
Bisogna dire che del Nevada la Valley of Fire ha dimenticato il colore predominante, quel "silver grey" che è un po' il "leit motiv" di questo angolo del Sud-Ovest Americano, mentre ha ereditato un rosso mattone quasi accecante, quasi che questo State Park sia già in odore di Utah e di Arizona e ne desiderasse intimamente le rocce rosse e l'arenaria sandstone. Ed è proprio questo rosso bruciato, che alla sera s'incendia ancora di più di porpora e di magenta che ha dato il nome alla valle ed al suo inconfondibile skyline. Il parco si trova in un paesaggio leggermente mosso, compreso tra 600 ed 800 metri di altitudine complessiva e ricco di rocce molto antiche e di conglomerati di vecchissime dune risalenti a diversi milioni di anni fa, quando i dinosauri correvano indisturbati anche da queste parti. Si tratta di una delle prime aree protette del Nevada e dal primo impatto vi sembrerà di essere scesi un po' in un altro pianeta... una specie di suolo marziano, cucinato allo spiedo. Per queste particolarità e per essere in effetti veramente inconsueto è stato diverse volte scelto da Hollywood e dai registi americani per le loro location, come ad esempio  in Total Recall (1990) con Arnold Schwarzenegger e Sharon Stone per le quota di scene girate su Marte, oppure nella serie Star Trek Generations (1994), dove è proprio nella Valley of Fire che il capitano Kirk trova la sua fine, mentre per venire a tempi più recenti, è nella grande produzione USA di Transformers (2007) diretto da Michael Bay che gli Autobots percorrono proprio la Valley of Fire al tramonto.


La strada della Valley of Fire nei pressi di Rainbow Vista



Bisogna dire che le stagioni migliori per visitare la Valley of Fire sono la primavera e l'autunno. La prima in particolare può regalare, in presenza di un po' di pioggia, bellissime sorprese al visitatore come le fioriture nel deserto di specie come la desert marigold o l' indigo bush che regalano colori ed emozioni inaspettati. L'estate da queste parti è davvero torrida e secca con temperature che durante il giorno vanno mediamente dai 100°F (38°C) ai 120°F(49°C), comunque non diversamente dalle zone limitrofe di Las Vegas e del sud-Nevada - nulla che ne vieti il godimento e la fruizione anche in estate, ma ricordatevi di portare con voi una ampia riserva di acqua, specie se intendete avventurarvi in qualche trek all'interno dell'area del Parco.

sabato 13 aprile 2013

Getaway without going away - Tiburon, CA


Tiburon, California - Getaway without going away
testo e foto by Everett

    Ci sono sempre luoghi magici da scoprire - e più questi luoghi sono inattesi, più colpiscono e rinnovano la nostra anima di viaggiatori emozionali. E qui non si tratta di andare lontano o altrove, perchè il lontano o l'altrove sono davvero a poca distanza da un luogo che conosciamo molto bene. La Marin County si trova in effetti a pochissima distanza da San Francisco e dalle sue icone più conosciute come il Fisherman's Wharf, il Pier 39, Alcatraz e la sua baia; ed in particolare poco oltre il Golden Gate, lo straordinario ponte rosso che collega l'estremità nord della baia con la città, si trovano alcune perle di straordinaria bellezza, che un vero visitatore emozionale non deve perdere.
La vocazione marina di Tiburon è evidente dalle numerose vele che solcano la baia
    Se San Francisco vi ha colpito con la sua bellezza, Sausalito, Tiburon e tutta l'area di Mill Valley vi colpiranno per la loro discreta eleganza e per il contatto quasi viscerale con la baia, che qui diventa più dolce e con un aspetto ed un clima decisamente più' mediterraneo. E questo non a caso perchè il gioco delle correnti e la protezione della catena costiera fanno sì che la nebbia perenne che grava spesso in estate sulla città di San Francisco e causata dal contrasto tra la terraferma calda e l'Oceano freddo qui arrivi attenuata ed addolcita - tanto che il cielo è spesso sereno e la temperatura decisamente più da t-shirt che da giacca a vento - e solo questa è una bella scoperta ed emozione che da sola vale la scelta della destinazione.





    Non per niente Tiburon è diventato il "buen ritiro" della nobiltà californiana - qui ci sono, discrete e nascoste tra la vegetazione, alcune delle ville più belle d'America. Il prezzo per metro quadro delle abitazioni della zona è talmente alto che bisogna veramente amare questa terra per decidere di venire a vivere qui. Come per George Lucas, il notissimo creatore di American Graffiti e della saga di Star Wars, che ha investito parecchi soldi in proprietà nella Marin County: a Nicasio c'è lo Skywalker Ranch, una grande proprietà di 19 chilometri quadrati costata a quanto si dice oltre 100 milioni di dollari, ed attrezzata con vigne e giardini, un lago artificiale, una fattoria, una piscina all'aperto ed un fitness center, un teatro con 300 posti a sedere, ed una Main House che contiene un archivio di libri- il tutto perfettamente integrato con l'ambiente, tanto che alcune delle opere sono state costruite sottoterra per preservare il paesaggio. Non cercate ovviamente di visitare lo Skywalker Ranch, che non è aperto al pubblico - ed anche se decidete comunque di arrivare in Lucas Valley Road la proprietà è ben poco visibile dalla strada. 
   Ma torniamo a Tiburon - questo piccolo villaggio è fatto da una "Main Street" (Tiburon Boulevard) che arriva dritta all'imbarcadero ed alla Marina, costeggiata da begli edifici che ricordano la vocazione marinara del villaggio; sulla strada che da San Francisco (la 101 in direzione nord) svolterete sulla California State Route 131- e prima di arrivare nella cittadina fermatevi  al McKegney Field ad ammirare gli splendidi scorci sulla baia e sul Golden Gate in lontananza; la zona è attrezzata con una pista ciclabile ed una passeggiata che segue il contorno della costa  dove poter fare jogging e godersi la brezza marina di fronte ad una delle più belle viste d'America.





Sulla strada da San Francisco a Tiburon si aprono inconsueti scorci sul Golden Gate


    Tiburon non ha gli svantaggi di San Francisco, dove parcheggiare è sia scomodo che costoso - ma se dovete tornare in città e per godere ancora di più le bellezze della baia la Blue and Gold Ferry Service offre un servizio di collegamento con il Pier 41 attraverso la Baia; in 30' sarete nel centro della città ed arriverete a due passi dal Pier 39 con tutte le sue colorate attrazioni. E se volete da Tiburon scoprire gli altri segreti della baia non dimenticate di visitare Angel Island, collegata anch'essa con un servizio di ferry dall'imbarcadero di Tiburon. A Tiburon i nomi dei luoghi evocano tutti bellezza: quella di Belvedere è una penisola rocciosa che si affaccia sulla baia, piena di bellissime ville sul mare, mentre la Paradise Drive serpeggiando lungo la costa vi porterà al Paradise Cove ed alla Paradise Beach, a nord della cittadina.  
   La sera e la notte a Tiburon hanno un fascino ed una emozione difficile da descrivere - la calma e la quiete circondano questa piccola cittadina ed il rumore del vento e del mare ne inondano le strade di bellezza, tra lo sciabordio delle onde che picchiano e risuonano sul Ferry ormeggiato al porto. Piccole luci si accendono a disegnare i contorni di alcuni edifici, dando al luogo una atmosfera magica e speciale, ed un po' inglese tra i negozi di charme ed i ristoranti che si trovano di fronte alla Marina. Uno spettacolo bellissimo e la sensazione di essere sorpresi dal contatto col mare, che non dimenticherete così presto. Se poi deciderete di soggiornare qui fatevi coccolare dai piaceri del Lodge at Tiburon e del Waters Edge Hotel, entrambe ottime soluzioni per una notte da sogno, prima di continuare il nostro viaggio per altre destinazioni emozionali...
Tiburon la notte si accende di luci magiche nei pressi del porto

La Marin County offre al visitatori una esperienza di charme a contatto con una natura quasi sempre intatta

giovedì 4 aprile 2013

Acqua, Terra & Cielo


Horseshoe Bend - Acqua, Terra & Cielo
testo e foto by Everett


    Esistono luoghi che non hanno bisogno di essere descritti... esistono luoghi così e basta. La loro bellezza ti travolge, ti toglie il fiato e non puoi che stare lì incantato per ore a guardarli, quei luoghi. In questa meraviglia che oggi andiamo a scoprire ci troviamo a poche miglia dal Lake Powell, quell'immenso bacino artificiale creato dallo sbarramento del fiume Colorado all'altezza del Glen Canyon, a cavallo tra Arizona ed Utah; e siamo inoltre a poche miglia da Page in Arizona ed a poca distanza dall'Upper e dal Lower Antelope Canyon, altre due meraviglie geologiche del Colorado Plateau, per cui spesso la visita di Horseshoe Bend viene collegata assieme a quella di questi due ultimi gioielli (vedi nel blog il post relativo al Lower Antelope Canyon).

La vista dal Viewpoint al termine dell'Horseshoe Bemd Overlook Trail


    Terra ricca di rossi e di contrasti questa, al confine tra la grande riserva Navajo e le terre dell'uomo bianco. Horseshoe Bend, l'ansa a forma di cavallo formata dal fiume è fortunatamente ben raggiungibile dalla US89, con un piccolo trail di circa mezzo miglio (prima parte in salita, poi in discesa, ma la vista del Colorado River e dell'ansa a ferro di cavallo è possibile solo all'ultimo) fino a dove il grande fiume Colorado incontra la terra ed il cielo e mostra il suo spettacolo più bello, spettacolo che da prima dell'alba a fin dopo il tramonto mostra sempre un lato affascinante, come è possibile vedere in questa bella serie di scatti di Brian Klimowski.  Fotografare Horseshoe Bend significa non dover soffrire di vertigini, perchè bisogna piazzare il cavalletto proprio sul margine del canyon (non ci sono protezioni sul lato esposto e quindi occorre grande attenzione) e stare lì ad aspettare la luce giusta. E magari ti capita uno di quei monsoni estivi che riversano vagoni di pioggia sul Colorado Plateau ed il cielo tutto ad un tratto diventa rosso, porpora, viola. La più bella luce è forse quella della cosidetta "pre-dawn", prima che il sole sorga, quando una strana luce rosso-viola inonda il canyon ed anche molto particolare è la magica "blue-hour", lo spazio temporale tra il tramonto e l'imbrunire, quando il sole è già calato e la notte non è ancora arrivata.
   Una delle emozioni più forti (ed è una emozione ipnotica che colpisce tutti quelli che vi si recano) è sedersi sul bordo ed ascoltare l'acqua che scorre laggiù, lontana, ed in cerca di uno sbocco e di una destinazione.

   Insomma, semplicemente imperdibile Horseshoe Bend !!!


Sporgendosi dal bordo della mesa si è a precipizio sul fiume Colorado

 
Le anse del Colorado riflettono come uno specchio la luce del pomeriggio. Un kayak appare come un puntino al centro dell'immagine





Contemplando la magia di Horseshoe Bend




Splendidi contrasti di colore tra il verde-azzurro del Colorado River e le rosse rocce circostanti

martedì 26 marzo 2013

La Tela della Donna Ragno

 
Canyon de Chelly - la tela della Donna Ragno
testo by Everett

   Ho iniziato a studiare e ad appassionarmi al Canyon di Chelly osservando per la prima volta questa vecchia foto in bianco e nero del 1904 di Edward Sheriff Curtis, ora conservata a Washington, che si intitola "il trek di sette cavalieri Navajo a cavallo ed un cane sullo sfondo delle pendici di un canyon" - In questa splendida immagine il soggetto multiplo dei sette Navajos (o Dineh come si chiamano fra di loro) è immerso e sovrastato dalle poderose pendici del Canyon, così interrotte nell'inquadratura del fotografo, quasi a non farne percepire del tutto l'immensità e la maestosità, in un modo che fai fatica a capire qual'è il vero soggetto della foto. Questa fotografia di sette cavalieri ed un cane, in un trek in fila indiana di oltre un secolo fa, che è anche e soprattutto un vero e proprio documento etnologico, ci ricorda un po' le atmosfere della filmografia western come "Stagecoach" di John Ford, ed è forse una delle prime testimonianze documentate di questo luogo - o forse sono stati gli splendidi scatti in chiaroscuro di Ansel Adams che passò da queste parti nel 1940-1942 ad immortalare questo luogo che è un po' il "Sancta Sanctorum" dei Navajo. 



Canyon de Chelly (foto di E.S.Curtis - 1904)

martedì 19 marzo 2013

Oceano Mare

 
Oceano Mare - Point Reyes, California
testo e foto by Everett



   "Il mare – vide il barone sui disegni dei geografi – era lontano. Ma soprattutto – vide nei suoi sogni – era terribile, esageratamente bello, terribilmente forte – disumano e nemico – meraviglioso. E poi era colori diversi, odori mai sentiti, suoni sconosciuti – era l'altro mondo" questo ha scritto Alessandro Baricco nel suo libro più bello, "Oceano mare".
Il faro di Point Reyes alla fine della "Stairway to Heaven" la lunga scalinata che porta alla costruzione sull'Oceano
    E questa è esattamente l'impressione che fa il Pacifico quando dalla scogliera di Point Reyes lo osservi, laggiù lontano "terribile, esageratamente bello, terribilmente forte". E' "terribile" nella sue manifestazioni di rabbia, durante le burrasche, quando trascina praterie di kelp dal fondo del mare e le porta a galleggiare sulla superficie delle onde, quando schiuma, quando si fa tenebra e tempesta. E' "esageratamente bello" quando placa la sua forza e si mette a pensare, ed allora si calma come se fosse un bambino che sta a giocare -si prende i colori della luce e quelli del Mediterraneo, i turchesi e gli smeraldi, i colori pastello dei mari tiepidi e solari, delle sabbie calde, dei porti riparati. E' "terribilmente forte" perchè comunque lo senti da lontano, l'Oceano, con un rumore che è continuo e ritmato, perchè il suono  del vento teso, quello che ti spinge lontano e ti entra sotto la pelle, che piega i ginepri e strappa il sale all'acqua lì sotto.
I colori mediterranei del mare a Point Reyes
    A una cinquantina di chilometri da San Francisco a Point Reyes ci si arriva attraverso una strada curvosa e scalcinata che attraversa la faglia di San Andreas tra paesaggi collinari che assomigliano molto alla Toscana italiana. Grano e viti, piccoli villaggi e curate enoteche dove gustare il meglio della produzione locale, simpatiche soste lungo la strada come l'Osteria Stellina a Point Reyes Station, gestita da un ristoratore di Reggio Emilia che qui ha mescolato la bella tradizione gastronomica italiana con le buone materie prime che una terra come la California sa donare. Nei dintorni una serie di villaggi incantevoli come Inverness, una piccola comunità di cottages di charme, con incantevoli giardini e steccati bianchi, in mezzo a uno scenario da favola. Si respira un aria di villaggio d'altri tempi, popolato però da abitanti moderni che sono ben consapevoli della fortuna di vivere in un posto come questo, oppure come il bel villaggio di Bolinas. Lungo la strada fermatevi anche ad ammirare lo Schooner Creek, un piccolo incantevole corso d'acqua in una verdeggiante distesa di piccole lagune dove il fiume scorre facendo anse e curve.  
   L'intera penisola di Point Reyes è poi un pezzo di roccia trasportato verso nord dalla faglia di San Andreas. Il suo nucleo è di granito, a differenza del terreno ad est di Tomales Bay. Sostanzialmente la penisola di Point Reyes si trova sulla placca pacifica, mentre il resto dei terreni della Marin County, la contea a Nord di San Francisco dove si trovano Sausalito e Tiburon, giace sulla placca del Nord America; te ne accorgi perchè sembra subito qualcosa di diverso, come un asteroide piovuto dal cielo su un campo di frumento. E poi laggiù in fondo alla strada, seguendo le indicazioni per Point Reyes Lighthouse, l'Oceano. Mare potente ed incantevole, specie quando la coltre di nebbia riesce ad alzarsi e ne dispiega tutta la sua bellezza. Nebbia così famosa da avere ispirato un film come "The fog" al regista John Carpenter, che ha girato diverse scene in questa location. Il parco è nato nel 1962 quando il National Park System (NPS) decise di acquistare l'area e di mettere sotto tutela ambientale 53.000 acri di terreno, con un decreto firmato dal presidente J.F.Kennedy ed un consistente stanziamento economico per le opere di salvaguardia ambientale.

mercoledì 13 marzo 2013

Lower Antelope Canyon


Lower Antelope CanyonSinging with the Navajos
testo e foto by Everett
    Maggio è un mese meraviglioso per viaggiare nell'Ovest Americano. La terra non è ancora riarsa dal sole estivo. Sulle rive dei corsi d'acqua i cottonwood riempiono di verde il fondo delle vallate e le tingono di colori densi e freschi. Le fresche mattine nell' High Desert consentono alle piante grasse del chaparral di svelare quei meravigliosi fiori che non troverete più nelle assolate giornate estive. Prima che le torme di turisti di Luglio ed Agosto inondino queste meravigliose terre, a maggio la sacralità ed il silenzio di queste terre dedicate ai nativi è ancora tutto intatto.
Lower Antelope Canyon - la luce rivela le splendide forme ed i meravigliosi colori di questo slot canyon



   Fratello del più famoso Upper Antelope Canyon, che si trova a poche centinaia di metri di distanza, il Lower Antelope Canyon non è certo il suo gemello… accessibile il primo, più tecnico e spigoloso anche se ben attrezzato il secondo; pianeggiante il primo, scosceso e con diversi salti di livello il secondo. Oltretutto teatro di un drammatico incidente nel 1997 quando, il 12 Agosto, un  letale flash flood proveniente da una zona situata ad oltre 15 miglia dallo slot canyon causò la morte di 11 persone appartenenti ad un gruppo di visitatori affidati alla compagnia “Trek America”; questo incidente viene ancor oggi considerato dai residenti come la peggior catastrofe mai successa nella zona. Quasi tutti i corpi, tranne due persone, che da allora sono considerate ancora disperse, furono ritrovati tra i detriti sulle rive del Lake Powell, circa 6 miglia  più a valle. Francisco "Poncho" Quintana, spogliato dei suoi vestiti dalla velocità delle acque, completamente coperto di lividi e lasciato temporaneamente cieco, a causa del limo intrappolato fon sotto le sue palpebre, fu l'unico superstite di quella tragica giornata. 
Il difficoltoso e non agevole ingresso del Lower Antelope Canyon, attraeverso una stretta fessura nell'arenaria
   Dopo quell’incidente diverse misure di sicurezza sono state attivate per migliorare la sicurezza del Lower Antelope Canyon – una stazione radio costantemente in contatto con il meteo locale è stata istituita all’ingresso. Quando viene emesso un allarme di flash flood, una sirena viene fatta suonare per consentire di evacuare rapidamente il canyon; e lungo la parte superiore del Lower Antelope Canyon sono state posizionate una serie di scatole di metallo chiuse a chiave, alte circa 3 piedi, che sono fissate alle pareti dello slot giusto sotto il bordo del canyon.Ogni scatola contiene al suo interno delle funi, fissate profondamente nella roccia con dei bulloni metallici; le funi e le reti sono perfettamente dimensionate per raggiungere rapidamente il fondo del canyon, nel caso dovessero venire srotolate verso il basso durante una emergenza. Esse si trovano esattamente al di sopra dei principali punti di raccolta del canyon e le scatole metalliche vengono sbloccate nei giorni in cui c’è una minaccia di burrasca o un temporale in arrivo.
  
Un operaio che lavora alla Navajo Generating Station nei pressi di Page e che ha competenze di carpenteria e saldatura ha anche costruito una lunga scala metallica fissata nella roccia che risale i bordi del Canyon alla sua estremità ed in caso di necessità consente di porsi velocemente in salvo. Questa ulteriore attrezzatura fissa rappresenta un'altra possibile sicura via di fuga.
Le varie sezioni di Lower Antelope sono collegate da ripiede scalinate in acciaio
    Il giorno che arriviammo a Page, nel pomeriggio una bomba d’acqua invase e spazzò la cittadina. Lo slot venne immediatamente chiuso, “Ne riparliamo domani… forse” ci disse perentoriamente la guida indiana che sovraintende all’ingresso. La mattina seguente fortunatamente un timido sole si fece largo a fatica tra le nuvole scure della notte ed anche se con qualche timore ci apprestammo a compiere la discesa. Al punto di raccolta, appena fuori la baracchina di legno che fa da ingresso allo slot, uno sparuto gruppo di americani e qualche giapponese mi facevano compagnia – io che avevo con me un “photo pass” che mi consentiva un accesso prolungato oltre il tempo di visita, vengo comunque avvertito dalla guida che ci accompagna di non allontanarmi oltre il limite della scala di risalita sul fondo del canyon e di non perdere comunque contatto col gruppo. L’ingresso allo slot sembra la porta degli inferi, perchè improvvisamente da una crepa che si allarga sul terreno ti infili nel sottosuolo e dopo qualche rampa di scala metallica piantati nella roccia rossa ti trovi subito a 25 metri di profondità. Sulle pareti del Canyon c'era ancora il segno del livello raggiunto dall’acqua la giornata precedente, saranno stati 2 metri e mezzo, 3 metri sopra di no. E’ l’effetto Venturi, che fa aumentare la velocità dell’acqua quando scorre all’interno dello slot, e che scava la roccia in profondità creando quelle meravigliose architetture levigate che abbiamo ora la possibilità di ammirare.
Il suono della chitarra accompagna con la musica la visita di questa meraviglia dell'Ovest

   I due ragazzi Navajos che ci accompagnavano ci raggiunsero, ciascuno con una chitarra al collo – non sapevamo se era  una cosa abituale per loro ma la prendemmo volentieri come una specie di regalo personale. Non avevo mai immaginato quale acustica perfetta possa avere uno slot canyon come quello che stavamo visitando. La roccia rossa e levigata faceva da straordinaria cassa armonica e consentiva alle note delle corde di rimbalzare come una palla di ping pong buttata in una sfera, ma le ammorbidiva in una eco piena di fascino e di calore. Il ricordo di quelle musiche suonate giù per lo slot anche oggi mi fa, a distanza di anni, rabbrividire dall'emozione. Ad un certo punto la guida mi spinge da parte e mi dice di allontanarmi - guardo sopra la mia testa ed un brown recluse volteggia tra le rocce a poca distanza da me - questo piccolo ragno, molto velenoso e che si confonde facilmente con la roccia circostante, ama la semioscurità e si nasconde a volte tra i vestiti e le scarpe (diversi campeggiatori sono stati colpiti dalla sua puntura che inietta una tossina molto potente che manda in necrosi i tessuti colpiti) - meglio tenere gli occhi ben aperti e tenersi alla larga.
   Lower Antelope, come Upper Antelope, è un vero gioiello per i fotografi - per quanto sia difficile posizionare l'attrezzatura (alcuni passaggi sono così stretti che è difficile perfino aprire il treppiede) con la luce giusta di mezzogiorno ed un po' di fortuna puntando l'obiettivo in alto i risultati sono sempre spettacolari. Lame di luce, riflessi tra l'ocra, il salmone, il rosa intenso regalano una delle più intense esperienze di workshop fotografico che si possa immaginare.

Ti interessa ? Guarda anche questo video !

Una lama di luce attraversa le strette pareti verticali di Lower Antelope Canyon
Nel chaparral tra le piante grasse a maggio sbocciano meravigliosi fiori
L'acqua scorrendo tra le strette pareti del Lower Antelope ha creato splendide architetture di colori

























 


mercoledì 6 marzo 2013

Always changing... always the same...


Great Sand Dunes - always changing... always the same...
testo e foto by Everett


    Sono sempre stato affascinato ed emozionato dai deserti e dalla sabbia - In una vita piena zeppa di agende programmate e di itinerari prestabiliti il deserto è destabilizzante, perchè ti toglie le certezze, ti obbliga a confrontarti con l'ignoto, ti distoglie dal reale e ti porta verso il nulla. Il deserto allora diventa un luogo dell'anima, un luogo del non pensiero per ritrovare le radici vere, quelle che come uomo non hai perduto, ma solo dimenticato tra le tante cose da fare e le tante sicurezze che affannosamente cerchiamo nelle cose che quotidianamente facciamo.

Il vento scolpisce le dune del Great Sand Dunes NP, in Colorado
    Nel deserto anche le distanze si misurano diversamente; nel grande Erg africano sul bordo del Sahara a Douz non le contano in chilometri, ma in ore di dromedario, perchè non avrebbe senso calcolarle se non in questo modo, perchè spesso sono non-distanze quando sulla sabbia sai che ogni due passi in avanti ne devi contare uno indietro. Colpito dalla bellezza intrinseca dei deserti ho cominciato poi a capirne la diversità, e vi assicuro che non ne esistono due uguali nel mondo. Da lì sono passato ad esaminare il costituente principale del deserto, la sabbia, ed anche lì, dopo aver raccolto ed aver chiesto agli amici di raccogliere campioni per me da tutto il mondo, vi posso confermare che non ne esistono due uguali. Impalpabile, spessa, granulosa, mineralizzata, sottile, disomogenea, bianca, nera, salmone, rosa,... ne esistono centinaia di tipi differenti a seconda della qualità delle rocce dalle quali le sabbie si originano. Ma veniamo alla meta del nostro itinerario emozionale, il Great Sand Dunes National Park, in Colorado - questo luogo è difficile da raggiungere non in quanto non sia accessibile, ma perchè è lontano dai consueti itinerari alla scoperta del Sud-Ovest americano - non ci si arriva comodamente nè dalla California, nè dai famosi parchi del Colorado Plateau, non è stato immortalato nei film come la Monument Valley, e non è certo famoso e battuto come il Grand Canyon. Però indubitabilmente queste dune, che sono le più alte ed imponenti del Nord America hanno il fascino, tutto da gustare, della scoperta solitaria, del trek in solitudine, del contatto intimo e profondo con gli elementi naturali.
Grandi contrasti tra il beige della sabbia e le scure sagome dei monti che circondano il parco nazionale
 

domenica 3 marzo 2013

Il gioiello nascosto del South-West


Valley of the Gods - Il gioiello nascosto del South-West
testo e foto by Everett

La Valley of the Gods, nella Contea di San Juan, UT, è percorribile con uno sterrato di 17 miglia

   Immaginatevi una Monument Valley in miniatura, ma non per questo meno bella ed affascinante. Immaginatevi cieli infiniti e nuvole che passano veloci negli scenari più "western" che potete immaginare. Immaginate di perdervi in comtemplazione dei mustang selvaggi e liberi che brucano ai bordi della sterrato e vi guardano fieri della loro libertà.  Questi meravigliosi cavalli, discendenti di quelli di razza spagnola a seguito dell'arrivo degli europei in America, si moltiplicarono negli anni, soprattutto nella regione delle Grandi Pianure dove cambiarono la vita dei Nativi Americani. E successivamente si ibridarono con il secondo arrivo di animali portati dagli Europei ai tempi della conquista del West e della corsa all'oro. Il fatto che anche le tribù indiane cominciarono a catturare cavalli appartenenti ad altre tribù, fece sì che l'ibridazione della razza fosse ancora maggiore. Dei 2 milioni di capi censiti nell'ottocento oggi ne sopravvivono circa 25 mila, di cui la maggior parte è presente in Nevada. 

venerdì 1 marzo 2013

The "Sheriff"


The "Sheriff"
Testo e foto by Everett


L'ex-sceriffo della contea mostra gli strati geologici che hanno contribuito alla formazione del Plateau

       Da quando ha smesso di fare lo sceriffo non ha certo smesso di esserlo dentro, intendo nell'anima. Con gli stivaletti di cuoio, la cintura di pelle con una vistosa borchia ellittica di metallo, un largo cappello a tesa western ed il look di quelli che non hanno certo nulla da farsi insegnare Tom Kelling  ha conservato il modus e l'approccio alle vita di chi aveva governato questo territorio del Sud-Ovest con l'occhio attento di chi amministra il territorio, esercita le funzioni di rappresentante delle istituzioni e soprattutto di chi conosce e governa la "sua" contea anche con l’autorevolezza della forza quando è necessario e comunque senza scendere mai a compromessi.


martedì 26 febbraio 2013

Cercando Everett Ruess

Cercando Everett Ruess


 Per 75 anni la scomparsa di Everett Ruess è stato uno dei più grandi misteri degli annali dell’avventura. Ma ora, uno scheletro nel deserto, una storia Navajo di un omicidio ed una batteria di analisi genetiche e forensi riusciranno a risolvere il mistero ?
Testo originale di David Roberts - Traduzione di Everett

Escalante Utah, Novembre 1934

     Era una giornata fredda, quel novembre del 1934.
    Tutto il territorio degli Stati Uniti aveva vissuto la Grande Depressione per più di cinque anni, e nessuna città più di Escalante aveva sentito così forte il morso della  povertà.
    Fondato da pionieri mormoni 59 anni prima, il piccolo insediamento nel sud dello Utah, allora una delle città più remote degli Stati Uniti, era stato colpito in estati successive da una epidemia di cavallette che avevano devastato  i raccolti e dalla peggiore siccità in quasi otto decenni.
   Nel tardo autunno, l'arrivo di qualsiasi visitatore ad Escalante era un evento davvero raro. E 'stato tanto più sorprendente, poi, quando videro quel ragazzo magro dai capelli biondi, arrivare da ovest in città, in sella ad piccolo asino e con un altro alla briglia pieno di attrezzatura da  campeggio.
    Il suo nome, come aveva detto alla gente del posto, era Everett Ruess. Veniva dalla California. E anche se aveva solo 20 anni, aveva vagato da solo tutto il sud-ovest americano per la maggior parte dei precedenti quattro anni.

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Novembre 1934

Una rara foto di Escalante nel 1934 in cui è riconoscibile il cinema
    Dei giovani ragazzi di Escalante guardarono per un istante quello strano viandante. Nei giorni successivi, cavalcavano con lui a cavallo lungo i crinali vicini, condividendo la cena cucinata sul falò a base di carne di cervo e patate. Nella sua ultima notte in città, Ruess andò con un paio di ragazzi del posto al cinema locale. Guardarono assieme un film: “La morte prende una vacanza” .
    Poi Ruess cavalcò da solo fuori città, si diresse verso sud-est lungo l’” Hole in the Rock Trail”  verso un altopiano arido che la gente del posto chiama “Il Deserto”.
    Il giorno prima, aveva spedito un'ultima lettera al fratello in California. "Potrebbe passare un mese o due prima che io possa recarmi ancora in  ufficio postale", scrisse Everett, "perché io sto dirigendomi in esplorazione verso sud lungo il fiume Colorado, dove non vive nessuno".
    Ruess preannunciò la sua prossima tappa della sua personale ricerca di bellezza e di avventura. Una settimana più tardi, a 50 miglia da quel punto, fu visto seduto attorno ad un falò assieme ad un paio di pastori di Escalante.
   
    E poi, Everett Ruess, scomparve dalla faccia della Terra…

domenica 24 febbraio 2013

La Moleskine e l'Arte del Viaggiare


     La Moleskine, uno dei modi che amiamo per iniziare un Viaggio Emozionale - un taccuino fitto di pagine vuote, che sta in poco spazio e si può portare ovunque. Ci piace per annotarci i luoghi che ci hanno colpito, le persone che abbiamo incontrato, disegnarci i panorami che abbiamo osservato.
    Ci possiamo scrivere sopra, lo possiamo usare per farci lasciare un messaggio ed un augurio da chi abbiamo incontrato, ci possiamo incollare qualcosa sopra per non dimenticarlo, perchè è un oggetto analogico, non digitale, è reale non virtuale, non si formatta, non si danneggia. Quando la riportiamo a casa la Moleskine ci ridà indietro tutto quello che le abbiamo fatto vivere, e ci parla nuovamente dei luoghi che abbiamo visto. A volte conserva anche qualche ricordo delle strade che le abbiamo fatto attraversare, come i granelli di sabbia che poi soffiamo a casa nell'interno delle pagine.
    E l'elastico che chiude il bordo rilegato è un po' come la chiave della nostra cassaforte, ne svela i segreti solo su prenotazione. E' uno scrigno privato ma che si concede volentieri alla rilettura nostra e dei nostri amici più cari. 
    La Moleskine ci parla con il nostro linguaggio, è come l'amico che ci capisce subito prima che gli parliamo, e poi non ci critica, non ci giudica, non ci interrompe durante il viaggio. Sta accanto a noi discreta e silenziosa, si concede solo quando la desideriamo, viene da noi solo quando ne abbiamo bisogno e la chiamiamo. 
    La Moleskine che ha viaggiato tanto è un po' sdrucita, ha i bordi spelacchiati, il dorso giallino, qualche pagina arrotolata dalla pioggia... ma è felice perchè ne è nobilitata, contiene l'anima del viaggio e del viaggiatore, ne impersonifica la memoria - e quando la riapriamo l'emozione è quella di riosservare la foto della scuola, l'emozione del primo bacio, o le parole del libro che abbiamo più amato.
     La mia prima Moleskine forse non so più dove si trova... ma se la riesco a ritrovare sono sicuro che mi darà tutte le emozioni di quando l'ho resa viva scrivendoci la mia vita ed i miei primi viaggi...


Nasce il blog "Emotions of America"

Emotions of America

      Il viaggio visto come un grande Percorso Emozionale - ed ogni miglio fatto sulla strada od in appassionanti trails vissuto come una nuova scoperta ed un nuovo messaggio da cogliere. Inoltre un luogo speciale per scoprire e comprendere l'essenza dell' "On The Road" che è quella sottile disposizione alla fuga che è dentro ciascuno di noi e che ci spinge oltre, ed a volte fino all'estremo dei nostri limiti, per raccogliere fino all'ultima immagine, odore, sensazione.    
    Un viaggio fatto per raccogliere la bellezza delle sconfinate strade Americane, degli off-roads più spettacolari, per rivivere le emozioni della Grande Natura, delle Città, dello "Spirit of America" che è dentro molti di noi, o che, senza che noi neanche ce ne accorgiamo, è silente ed ha solo bisogno di essere risvegliato. 
     
      Un viaggio per iniziati e per chi vuole iniziare, non da turista, ma da Viaggiatore Emozionale, ed un viaggio per tornare a casa con molti più rimorsi e tante più emozioni di quando si era partiti. Contenuti originali, foto esclusive, luoghi imperdibili oppure visti sotto una luce diversa, questa è la linea editoriale di "Emotions of America".
    E poi spunti, idee di viaggio, testimonianze speciali, racconti dal campo, immagini che toccano l'anima. Contributi sapienti di chi è stato nei luoghi ed avendoli conosciuti li ha amati. Un po' resoconto ed un po' racconto, un po' romanzo ed un po' poesia, ma sempre con tutta l'emozione e la passione dentro che riusciremo a metterci. 

      Mi aiuteranno a creare ed aggiornare questo taccuino interattivo grandi viaggiatori ed attenti testimoni dei luoghi che attraverseremo - non sarà un forum, non sarà un luogo dove costruire un itinerario, ma una moleskine a cui togliere l'elastico ogniqualvolta dovremo attingere una idea di viaggio, quasi un luogo magico e segreto per "accendere la scintilla" o mantenere viva la fiamma del viaggio.

    Quindi benvenuti su "Emotions of America" ! Allacciate bene la vostra anima... con noi viaggerete lontano ed altrove...